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Sui “patti educativi di comunità”

Vicenza, 10 gennaio 2024


Assistiamo, nel corso di quest’anno scolastico, a un intensificarsi di iniziative volte a varare i cosiddetti “patti educativi di comunità”, introdotti con il Piano Scuola 2020-2021. Il patto educativo di comunità si presenta come uno strumento per siglare alleanze territoriali mirate alla costruzione di “comunità educanti”, dove la cura dei diritti e dei percorsi scolastici e educativi dei bambini e degli adolescenti viene assunta come responsabilità collettiva. In realtà pare rappresentare un veicolo per espropriare delle loro funzioni gli organi di governo delle scuole, affiancando ad essi, in funzioni non meramente operative, ma di fatto decisionali, i soggetti esterni sottoscrittori dell’accordo. Ad essi – che siano “imprese sociali”, cooperative, associazioni, studi professionali o altri enti – viene riconosciuto il diritto di sedere pariteticamente attorno a un tavolo in cui verrà collegialmente concordato, per esempio, come «rafforzare l’offerta educativa attraverso l’integrazione del pubblico e del privato grazie al coinvolgimento di stakeholder diversi, arricchire il curricolo scolastico standard attraverso occasioni di apprendimento non formale e informale, promuovere la partecipazione informata e consapevole, agire in un’ottica di empowerment di comunità e secondo un approccio community based».

Quello che pare vada configurandosi è il varo di un modello organizzativo assimilabile a un consiglio di amministrazione, in cui la scuola siede come socio di minoranza portando come capitale se stessa: fornirà la materia grezza a disposizione di professionalità e interessi esterni deputati a plasmarla e “valorizzarla” per il “massimo utile” della comunità. Siamo in sostanza in presenza di una spartizione istituzionalizzata della scuola-preda fra i vari predatori che da tempo le danno la caccia.

Occorre infine notare come nell’ampio mandato conferito al “patto educativo di comunità”, che assume contorni così ampi da sconfinare nell’indeterminato, emerge in qualche caso perfino l’intento di ingerirsi nella sfera dei rapporti famigliari, erogando ad esempio “servizi di negoziazione fra genitori e figli”.

È dunque necessario e non più procrastinabile promuovere un’ampia riflessione tanto sullo strumento in sé quanto sulle modalità in cui viene declinato nello specifico degli accordi fra le singole scuole e i soggetti coinvolti sui rispettivi territori. Associazione ContiamoCi! info@contiamoci.net


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